Il catenaccio, una tattica di gioco tutta italiana

Il catenaccio deriva da una tattica di gioco chiamata verrou, ideata per una squadra svizzera negli anni '30. Ecco in cosa consiste.
Il catenaccio, una tattica di gioco tutta italiana

Ultimo aggiornamento: 26 settembre, 2020

Il catenaccio è per eccellenza la tattica di gioco della Nazionale, ma in realtà è stato inventato da un austriaco per una squadra svizzera. In questo articolo analizzeremo il sistema di gioco noto come catenaccio.

Le origini del catenaccio

Per parlare del catenaccio, dobbiamo parlare prima di un altro sistema di gioco, chiamato verrou, che in francese significa “catena”. Questo è stato inventato dall’allenatore austriaco Karl Rappa che ha allenato la nazionale svizzera tra gli anni ’30 e ’40.

La tattica di Rappan prevedeva una figura, nota come verreoullieur, proprio di fronte al portiere per difendere quella zona del campo. Questa strategia venne utilizzata per la prima volta nel 1932 dal Servette, una squadra di calcio di Ginevra.

È uno schema che prevede quattro difensori fissi che si muovono marcando a uomo. Inoltre, include un trequartista situato al centro del campo e incaricato di passare la palla ad entrambe le estremità dell’attacco.

La tecnica del verrou ha modificato la tipica formazione 2-3-5 di allora, in cui solo il centrocampista aveva un ruolo difensivo, cosa che causava molto logorio fisico. Dato che i rivali avevano tre attaccanti, nella difesa di Rappan c’era sempre un difensore “extra”, definito “libero”.

Il verrou è arrivato per la prima volta in Francia grazie all’allenatore Robert Accard, che militava nell’Olympique de Charleville-Mézieres, il club in cui giocava Helenio Herrera, noto per aver diffuso il catenaccio in Italia.

Questo sistema di gioco fu poi adottato anche nell’ex Unione Sovietica, più precisamente nel Krylia Sovetov Samara, su iniziativa dell’allenatore Aleksandr Abramov. Migliorando notevolmente le condizioni fisiche dei giocatori , il catenaccio in Russia veniva chiamato dai mass media Volga clip.

Schema grafico della tattica del catenaccio.


L’arrivo di questa tattica in Italia

La strategia di Rappan fu adottata per la prima volta dalle squadre italiane con l’allenatore Giuseppe Viani, che guidava la Salernitana. Grazie al catenaccio, nel 1947 la Salernitana riuscì ad arrivare in Serie A.

Allo stesso tempo, l’allenatore della Triestina Nereo Rocco usò una tattica simile influenzato da un allenatore ungherese di nome József Banás, che lo aveva diretto nel 1941 a Padova.

Il sistema di Rocco è quello che più tardi sarà conosciuto come il “vero catenaccio italiano” e fu utilizzato per la prima volta nel 1947. La formazione era 1-3-3-3 e il fulcro era totalmente difensivo. Con questa tattica la Triestina arrivò seconda in Serie A.

In seguito sono state incluse alcune varianti, come quella 1-4-4-1 e quella 1-4-3-2. Rocco ha passato il suo stile al Milan, con il quale è stato campione d’Italia e d’Europa negli anni Sessanta.

Una delle novità del catenaccio italiano aveva a che fare con quel “1” dello schema, cioè il libero, il cui ruolo era quello di recuperare le palle vaganti e annullare l’azione dell’attaccante rivale. Inoltre, è stato introdotto il contrattacco, che iniziava con lunghi passaggi da dietro.

A questo punto torna sulla scena Helenio Herrera, già allenatore, che arrivò all’Inter nel 1960 e stabilì il sistema dei quattro difensori con una marcatura a uomo e un libero per raccogliere i tiri “persi”.

Il catenaccio degli Azzurri

Le squadre ottenevano ottimi risultati grazie al catenaccio. Per alcuni, però, si trattava di una strategia “noiosa”, che rinunciava allo spettacolo e che non appassionava gli spettatori.

Per altri, invece, era un modo efficace per vincere le partite e guadagnare i titoli. Proprio come successe ai Mondiali del 1982 in Spagna, quando vinse l’Italia.

La Coppa del Mondo di quell’anno vide l’Italia nel girone A insieme a Polonia, Perù e Camerun. Gli Azzurri passarono al girone di ritorno in modo polemico, cioè vincendo solo una partita delle tre giocate, ovviamente, con il catenaccio come tattica bandiera.

In seconda battuta, la Nazionale faceva parte del girone C con Argentina e Brasile. Vinse la prima partita contro l’Albicelestes per 2 a 1 per poi battere il Canarinha per 3 a 2, in una delle migliori partite del torneo.

La semifinale contro la Polonia vide la Nazionale vincere per 2 a 0 grazie alla doppietta di Paolo Rossi, mentre in finale avrebbe dovuto affrontare la Germania Ovest. La partita al Santiago Bernabéu di Madrid si concluse per 3 a 1 a favore degli Azzurri, che vinsero così la loro terza Coppa del Mondo.

Italia campione del mondo 2006.
La nazionale italiana Campione del mondo ai Mondiali di Germania 2006.

Uno schema ancora valido

Le altre squadre che utilizzano regolarmente il sistema del catenaccio ad esempio sono: l’Atlético Madrid (con Helenio Herrera e Diego Simeone), gli Estudiantes de la Plata (Argentina), gli Once Caldas (Colombia) e l’Atlético Paranaense (Brasile).

In questa lista possiamo aggiungere anche: i Tigres UANL (Messico), l’Independiente Santa Fe (Colombia), il Valenzia (Spagna), l’Inter, la Nazionale greca (Euro 2004), la Nazionale Italiana (Coppa del Mondo Germania 2006 ), Portogallo (Euro 2016) e Francia (Mondiali 2018). È una tattica che risveglia la polemica, ma è senza dubbio efficace.


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